Atmofall, realtà e finzione viaggiano a braccetto: il videogioco post-apocalittico che trae ispirazione da fatti realmente accaduti
Un tuffo nel passato di diverse decadi, agli anni ’50, in una porzione d’Inghilterra molto diversa rispetto a quella che conosciamo oggigiorno.
Quello dei videogiochi che fondano buona parte del proprio gameplay sul tema della sopravvivenza è un genere che ha sempre avuto un particolare appeal sugli appassionati. D’altronde si tratta di titoli che, fondamentalmente, uniscono la componente narrativa a una sfida continua e costante lanciata dagli sviluppatori agli utenti.
Un connubio che nei decenni ha dato il la a franchise di successo come “Fallout” o “The Last of Us”, giusto per citare un paio di successi videoludici che si sono recentemente tramutati in grandi serie televisive. Per quanto i videogiochi survival abbiano poi connotati diversi gli uni dagli altri, a seconda degli elementi su cui si sono maggiormente focalizzati gli addetti ai lavori.
Si unisce all’allegra ciurma “Atomfall”, videogioco che vede in cabina di regia Rebellion Games (il team alle spalle del franchise di Sniper Elite) che proietta i videogiocatori in un mondo perfettamente caratterizzato e che evidenzia da subito uno stile assai peculiare.
LA STORIA LA RICORDAVO DIVERSA…
La prima grande impronta lasciata da Rebellion Games sul loro Atomfall è di tipo geografico. Lo studio di sviluppo di Oxford non si è allontanato dalla patria, portando panico e scompiglio – nei termini dei contenuti videoludici del gioco – a casa propria. Il titolo porterà infatti gli utenti a muoversi in Inghilterra, con la caratterizzazione estetica delle ambientazioni che immancabilmente gode del fascino delle diverse località riprodotte nell’opera.
Un meltin pot di paesaggi, che differiranno gli uni dagli altri offrendo scorci suggestivi a chi ama le terre d’oltremanica, e che al contempo ha permesso ai ragazzi al lavoro sul gioco di sbizzarrirsi in fatto di scelte ludiche legate anche all’esplorazione.
Fondamentalmente siamo di fronte a un titolo in cui nulla è messo lì per caso. C’è la storia ovviamente, che vede il mondo vittima dell’ennesima catastrofe. Che però, in questo caso, fa riferimento a fatti realmente accaduti. Si tratta dell’incidente di Windscale, dove nel 1957 ebbe luogo un incendio che coinvolse la centrale nucleare di Sellafield.
Il gioco prende quindi gli elementi reali e ci confeziona attorno tutto quanto la finzione narrativa gli consente. Ecco che un incidente che nella realtà è stato risolto diventa un disastro con ricadute importanti che hanno il loro peso nel corso degli anni. Ed è con queste premesse che gli utenti si muoveranno all’interno di un mondo di gioco in cui bisognerà pesare ogni singola decisione, così come muovere attentamente ogni passo.
Atomfall è un gioco che, sintetizzando e riducendo ai minimi termini, potremmo definire sicuramente “avvolgente”. Non si può inquadrare diversamente una produzione che spinge i videogiocatori a calarsi al cento per cento nel mondo di gioco, con le missioni che portano tacitamente in dote un grado di immersione totale. Già soltanto per scovare gli indizi utili a progredire all’interno delle stesse.
E sono situazioni in cui l’interazione con ciò che ci circonda è cruciale. A partire dal mondo di gioco, in cui raccogliere gli elementi utili ma incompleti per gli scopi degli utenti (looting) da trasformare poi in strumenti che permettano di risolvere situazioni spinose (crafting).
Da non sottovalutare poi anche gli scambi di battute con i personaggi controllati dall’intelligenza artificiale del gioco. Questi possono aprire a scenari differenti a seconda delle scelte operate. Nulla di trascendentale, certo, ma che offre il giusto grado di immersione e che restituisce ai videogiocatori una sensazione di controllo, seppur parziale. In un gioco che ambisce a trasportare gli utenti in un mondo da vivere a tutto tondo.

L’ARTE DEL COMPROMESSO
Ci sono ovviamente dei compromessi da accettare per poter accedere a un mondo come quello di Atomfall. E questo riguardano principalmente l’impalcatura tecnica del gioco. Un titolo che non va alla ricerca spasmodica del fotorealismo, che resta appannaggio di altri videogiochi. Qui l’acceleratore è spinto a fondo sul fronte dei contenuti, che consegnano nelle mani degli utenti un titolo dalle tante sfumature.
Non stiamo parlando di beghe imperdonabili per quanto concerne l’aspetto grafico, tutt’altro. Semplicemente il gioco non sfrutta appieno le potenzialità tecniche delle piattaforme di ultima generazione, riuscendo però abbondantemente nel suo intento di restituire all’utente l’atmosfera dell’ecosistema in cui ci si muove.
Insomma, un grande gioco che avrebbe sicuramente potuto fare di più, ma che comunque fa la sua sporca figura e si muove a spalle larghe di fianco ai colossi del genere di riferimento.