LA VENDETTA DEL PROFESSOR SUZUKI
Suzuki è un insegnante di matematica. La sua vita procede tranquilla, finché un giorno un pirata della strada non travolge e uccide la moglie. Straziato dal dolore, Suzuki decide di vendicarsi dei responsabili. Le cose si complicano0 ulteriormente quando scopre che alla guida dell’auto c’era il figlio di un boss. Per fare giustizia, quindi, dovrà infiltrarsi nella struttura criminale responsabile dell’omicidio. Tutto ciò, ovviamente, entrando in contatto con killer spietati: il Cicala, la Balena, lo Spingitore. Questi sono alcuni dei nomignoli inquietanti che colorano di rosso le pagine dell’ultimo crime di Isaka Kōtarō: La vendetta di Suzuki.
Isaka Kōtarō, autore giapponese, è arrivato in Italia grazie a Einaudi, che nel 2021 ha pubblicato il fortunato romanzo I sette killer dello Shinkansen, thriller presentato tramite elementi distintivi decisamente vincenti: un intreccio alla Agatha Christie, maestra del giallo, e un’ironia alla Tarantino. Nei Sette killer dello Shinkansen ci troviamo appunto sullo Shinkansen, il treno proiettile giapponese, assieme a sette killer, ognuno lì per una motivazione precisa. In poco più di 550 pagine scopriremo il motivo di questo assembramento, ma soprattutto chi arriverà vivo all’ultima stazione.
BULLET TRAIN
Il marketing sbaglia di rado: è per questo che La vendetta di Suzuki è uscito poco prima di Bullet train, pellicola di David Leitch arrivata nelle sale italiane lo scorso 25 agosto. Leitch ha messo su un cast stellare per portare sul grande schermo la matassa di Isaka Kōtarō: Brad Pitt, Aaron-Taylor Johnson, Joey King e Sandra Bullock sono i nomi più rumorosi di questo film corale, che rispetta l’intreccio di partenza senza timore reverenziale – ci sono alcune divergenze tra film e libro, anche abbastanza importanti. In un buon bilanciamento tra tensione e comicità, dove la seconda forse prende consapevolmente il sopravvento, non mancano i rimandi a un certo tipo di narrazione crime. Infatti, l’occhio più attento riconoscerà tracce evidenti di Tarantino, non solo nell’ironia sferzante dei dialoghi, ma anche nei personaggi: Aaron-Taylor Johnson e Bryan Tyree Henry, rispettivamente Tangerine e Lemon, sono discendenti diretti di John Travolta e Samuel L. Jackson in Pulp Fiction. E ancora, in alcune inquadrature e brevi sequenze (che non verranno apertamente citate per evitare spoiler) si noterà un particolare che farebbe rabbrividire i puristi della settima arte: la televisione ha insegnato qualcosa al cinema se Leitch ha preso a modello, direttamente o non, il Breaking Bad di Vince Gilligan.