Dustborn, il mondo dei videogiochi affronta tematiche importanti di inclusività

Il potere delle parole assume un suo peso specifico all’interno del gioco, che mixa sequenze d’azione e di combattimento con una narrazione importante

Il mondo dei videogiochi è fatto di tante, tantissime sfumature. E “Dustborn”, titolo di recente approdo sul mercato, ne è l’ultimo (in ordine d’arrivo) e lampante indizio. Impossibile non aspettarsi cose importanti da un gioco che vede muoversi, dietro le quinte, il team francese di Quantic Dream, con la label "Spotlight". Un’azienda che negli ultimi quindici anni ci ha regalato viaggi nelle emozioni con i vari “Heavy Rain”, “Beyond: Two Souls” e “Detroit: Become Human”.

Questa volta il ruolo di registi non spetta però a loro, con le redini di Dustborn che sono nelle mani di Red Thread Games, con i transalpini che qui vestono i panni di editori. Una benedizione comunque importante, considerando quanto abbiano pizzicato le corde emotive dei videogiocatori i titoli marchiati Quantic Dream.

IL VIAGGIO DI DUSTBORN

Cosa trovano quindi i giocatori che avviano Dustborn? In sostanza possiamo parlare a pieno titolo di un viaggio, in tutto e per tutto. Un viaggio fisico, con i protagonisti che si muoveranno in lungo e in largo all’interno di un paese diviso, nel vero senso della parola. Un viaggio metafisico, quello che porterà ognuno dei personaggi confezionati di Red Thread Games a prendere consapevolezza di se stesso. E, infine, un viaggio nel tempo, considerando lo slittamento temporale che ci porta nel 2030. Gli ingredienti giusti non mancano, per quello che si preannuncia uno dei titoli più inclusivi all’interno del mondo dei videogiochi fino a oggi.

Con una missione sulle spalle (consegnare un pacco importantissimo) e sulla falsariga del grande classico della letteratura “On The Road” di Jack Kerouac, ci si incammina lungo le strade di Stati Uniti d’America che però, in questo caso, non tengono fede al proprio nome. Le divisioni la fanno da padrone e la storia non è come la raccontano i nostri libri. Nel mondo di Dustborn il presidente americano JFK non è morto nell’attentato a Dallas del 1963. La vittima, in quel caso, fu sua moglie, con l’evento che immancabilmente portò a conseguenze importanti sul fronte politico. E il “Butterfly Effect”, la teoria che ipotizza grandi cambiamenti a partire da piccoli eventi che mutano, chiaramente era dietro l’angolo.

A questo aggiungiamoci poi che, trent’anni prima delle narrazioni di Dustborn (nel 2000), un evento cataclismatico denominato “Broadcast” creò non poco scompiglio a livello sociale. Con alcuni individui, gli “Anomali”, che nel frattempo ottennero poteri molto speciali.

INCLUSIVITÀ E SUPERPOTERI

Non siamo scesi nei particolari di proposito nel capitolo precedente, per non rovinare il piacere della scoperta. Perché Dustborn è soprattutto questo, con il mix di narrazione, avventura e azione che lo contraddistingue. Nei panni di Pax e della sua variegata cricca di compagni di viaggio, ci sposteremo in lungo e in largo per gli States. Con una missione, certo, ma anche con una copertura ad hoc: quella di un tour itinerante da band punk-rock. In un contesto difficile – ambienti non proprio amichevoli, quasi totalitaristi – i nostri avranno le spalle adeguatamente larghe per poter tener testa a ogni situazione, grazie anche ai poteri che caratterizzano ognuno di loro.

Sicuramente degno di attenzione è il lavoro che è stato fatto su diversi fronti. A partire dalla caratterizzazione dei diversi personaggi, che bucano lo schermo con le rispettive personalità. Trascorrere tempo in loro compagnia permetterà di apprezzarne le sfumature pensate e rifinite dagli sviluppatori.

E che dire poi del comparto artistico di Dustborn? Dallo stile grafico in cel-shading che richiama il mondo dei fumetti, al fumetto vero e proprio che riassume la storia al termine di ogni capitolo. Dustborn sa farsi voler bene dagli appassionati di vignette e balloon sia che si giochi su PS5 o PS4, sia su Xbox One e Xbox Series X/S, sia su PC. Certo, non mancano problematiche, con gli sviluppatori che sono però attivi con patch ad hoc per limare le criticità. Sicuramente possiamo parlare di un ottimo esperimento che parla al cuore di chi si sente escluso, e al contempo cerca di spiegare questa prospettiva anche a tutti gli altri.

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