23 gennaio 2025, ore 14:00

Il mondo dei videogiochi si sta evolvendo in una maniera molto specifica nel corso degli ultimi anni. Tre le strade intraprese dai team di sviluppo e dai produttori, che provano ad assecondare quelle che sono le esigenze videoludiche del pubblico.

Da un lato troviamo gli intrepidi “esploratori”, pionieri e sperimentatori del mondo dei videogiochi che, tramite le giuste alchimie, provano a creare qualcosa di nuovo. Esplorando, per l’appunto, nuove strade. Dall’altro c’è invece chi si “rifugia” nelle remaster, riproposizioni (in chiave migliorata sotto il profilo tecnico) di grandi titoli che hanno fatto la storia del mondo dei videogiochi in epoca più o meno recente.

In mezzo ci sono invece le serie videoludiche che continuano nella loro marcia. Franchise che sono stati in grado, edizione dopo edizione, di ritagliarsi una propria fetta di mercato e un posticino nel cuore dei fan. È questa la tipologia di strada (di cui sopra) intrapresa da “Dynasty Warriors Origins”, ultimo capitolo – in ordine temporale – dello storico marchio di videogiochi che, dal 1997, porta avanti il proprio stile inconfondibile.


A “MUSOU” DURO!

Prima di approfondire le novità apportate da Dynasty Warriors Origins, è giusto fare un passo indietro e focalizzarci sulle dinamiche ludiche alla base della serie. Il genere di riferimento per questa tipologia di videogiochi è il “musou”, in cui i videogiocatori, alla guida di personaggi dalle indiscutibili capacità di combattimento, si trovano a fronteggiare orde numerosissime di nemici.

Nulla di eccessivamente problematico, considerando che questi ultimi rappresentano la cosiddetta “carne da cannone” raramente in grado di mettere in difficoltà, nonostante i numeri. Avversari utili più che altro a “fomentare” gli utenti nell’attesa di truppe più “titolate” o dei cosiddetti “boss di fine livello”.

Ed è in questo costante mix di avversari che si muovono i videogiocatori, in un ciclo perpetuo di battaglie da cui è praticamente impossibile sottrarsi. Il grande potere dei videogiochi musou, come per l’appunto Dynasty Warriors Origins, è la loro capacità di generare un continuo senso di appagamento dettato dalla facilità con cui si progredisce contro la fanteria. Certo, con i capi di unità o con i generali è tutto un altro paio di maniche, ma se l’equilibrio è quello giusto la ricetta è perfetta.


Dynasty Warriors Origins, il ritorno di una serie storica che sfida il tempo e si ripresenta ai videogiocatori con un look al passo coi tempi
PHOTO CREDIT: "Dynasty Warriors Origins", Omega Force e Koei Tecmo


UN UOMO, UN ESERCITO

Ora che le carte sono messe in tavola, possiamo finalmente focalizzarci sui contenuti portati da Dynasty Warriors Origins. Il mondo di gioco in cui si muoveranno i videogiocatori è vessato sotto diversi punti di vista. Da un lato il coas governativo, dettato da una situazione di corruzione dilagante. Dall’altra le carestie che vessano la popolazione, stremata e affamata.

Al centro di questo plot narrativo dal sapore storico troviamo il protagonista della vicenda, un vagabondo che ha perso la memoria (con l’eccezione di alcuni frammenti) ma che conserva un’abilità quasi innata nel combattimento, come se fosse insita nel suo codice genetico.

Premesse basiche, certo, ma che vengono sviluppate in maniera ottimale dal team al lavoro sul gioco, che ha intessuto una trama narrativamente molto coinvolgente. Il perno principale, come insegna la cultura orientale, è l’onore: un motore che spinge le gesta del protagonista e del manipolo di comprimari che gli si affiancheranno nel corso delle sequenze cinematiche e sui campi di battaglia. La caratterizzazione di ogni personaggio dona a Dynasty Warriors Origins sfumature interessanti, che lo rendono uno dei capitoli meglio riusciti del franchise.


UN GIOCO DALLE TANTE SFUMATURE

A distanza di oltre un quarto di secolo (si va verso il trentennio, ndr), la serie Koei Tecmo aveva bisogno di una svecchiata importante per essere competitiva all’interno di un mercato tanto vasto quanto quello odierno. E c’è da dire che il team di sviluppo di Omega Force si è rimboccato le maniche per servire ai propri fan un menù che fosse in grado di mixare tradizione e innovazione.

Se da un lato troviamo infatti le caratteristiche tipiche del genere musou, con gli scontri campali contro il plotone di soldati semplici che si risolve tramite pressioni casuali dei tasti d’attacco, è contro i generali di turno che le cose richiedono maggiore attenzione. Tra parate, schivate, attacchi e contrattacchi anche chi cerca un gameplay più profondo può ritenersi soddisfatto. A questo aggiungiamoci gli elementi ruolistici nello sviluppo del personaggio, tra gli skill-tree (gli alberi delle abilità) che migliorano le caratteristiche del protagonista e la scelta di armi adatte alle proprie capacità, dal corto (spade) al medio (lance) raggio.

Possiamo dunque dire che Dynasty Warriors Origins rappresenti un degno ritorno del franchise sugli scaffali, a distanza di sette anni dal diretto predecessore (Dynasty Warriors 9). Scelte tecniche azzeccate e un’ambientazione evocativa si uniscono sinergicamente grazie a dinamiche ludiche magnetiche e a una trama in grado da fare da collante in maniera perfetta. Elementi che rendono il gioco validissimo tanto per la fanbase storica quanto per chi con questo titolo sarà alla sua prima esperienza col genere musou.