Cosa rende l’Italia un paese tanto ammirato in tutto il mondo? Sinteticamente si può rispondere in questo modo: per la sua unicità. E l’eccezionalità viene espressa in tantissimi modi diversi, dalla spettacolarità e varietà dei paesaggi al mondo della cucina. Con una menzione particolare però per l’universo dell’Arte (quello con la A maiuscola).
Tanti sono stati gli artisti che, nel corso dei secoli, sono divenuti punti di riferimento nel proprio ambito di competenza. Scultura, pittura, musica: ogni settore ha i suoi “top player” da cui non si prescinde. E proprio quest’anno si ricorda la scomparsa di uno di questi grandissimi artisti, in grado di scrivere pagine di storia della musica.
Si tratta di Giacomo Puccini, autore di opere come “La bohème”, “Tosca”, “Madama Butterfly”, “Turandot”, scomparso alla fine del 1904. A 120 anni di distanza dalla sua morte, con il graphic novel “Giacomo Puccini: Una Vita per la Musica” (pubblicato da Edizioni NPE), Giorgio Martone e Christian Culicelli portano su carta il genio e anche i conflitti interiori dell’artista lucchese. E proprio con loro siamo andati dietro le quinte di questo volume.
GIACOMO PUCCINI: UNA VITA PER LA MUSICA, LA PAROLA AGLI AUTORI
Giorgio, di cosa parla “Giacomo Puccini: Una Vita per la Musica”?
"Di Puccini! Abbiamo pensato questo volume con la precisa intenzione di dare una nuova interpretazione ad un autore eccezionale, realizzando un prodotto in grado di raccontare molteplici aspetti della vita e delle opere di una delle figure fondamentali della modernità. Una storia, non un biopic, che ci immerge totalmente nelle atmosfere del mondo pucciniano."
Un personaggio che non ha avuto una vita sempre semplicissima, e questo volume di fatto lo sottolinea…
"Una volta canonizzati, molti grandi autori vengono raccontati attraverso nobili gesta ed incredibili avvenimenti, al massimo con simpatici aneddoti. Si tende spesso a dimenticare, o peggio ancora a nascondere, i loro lati umani. Ho dunque deciso di analizzare una parte poco conosciuta, forse dimenticata, che rivela un Puccini fragile, insicuro. Le narrative in forza oggi ci impongono racconti lineari, alla ricerca di un successo raggiungibile solo attraverso un pensiero sgombro da paura e dubbi. Macchinico, se vogliamo, logico ed esclusivamente razionale, che chiude ogni spazio all’incomprensibile, relegato ad interdetto. In questo scenario credo sia necessario tornare a ragionare sui tormenti, sulle paure che accompagnano la vita. D’altronde, sono gli stessi argomenti di cui Puccini si è occupato per tutta la vita: il buio, l’impossibile, la follia."
Grande innovatore in un’epoca in cui magari l’innovazione era vista con sospetto ed era più semplice essere conservatori…
"Ed è stato proprio questo ad attrargli le inimicizie, per non dire l’odio, di molta critica del tempo. Continuamente accusato di lavorare sull’ovvio, Puccini è stato in verità solo un curioso. È risaputa la sua attrattiva verso le moderne tecnologie, con le quali sperimentava le nuove possibilità espressive del teatro. Proprio per questo l’opera di Puccini rappresenta lo snodo nevralgico della rivoluzione semantico-visiva avviatasi tra le forme estetiche del teatro e del cinema. Una produzione maniacale, che lo ha portato a comporre “solo” dodici opere, con il preciso intento di creare delle strutture operistiche di altissimo livello. Decostruire per ri-costruire, abbandonarsi per il gusto di perdersi. Proprio per questo ho accostato a più riprese il suo incredibile lavoro a quello delle avanguardie di inizio ‘900."