Life is Strange: Double Exposure, scelte importanti e futuro da scrivere nel ritorno di una serie che ha fatto la storia

Lo scorrere del tempo è un tema molto caro al franchise di Square Enix, che torna con un capitolo che si ricollega a quello che esordì nove anni fa

Il 2015 è stato un anno sicuramente interessante per il mondo dei videogiochi. Era quello l’anno in cui Life is Strange faceva per la prima volta la sua comparsa sulla scena. Un esordio accompagnato da tanta curiosità da parte degli appassionati, già soltanto per il formato con cui il titolo arrivava sul mercato.

L’editore, Square Enix, unitamente agli sviluppatori di Dontnod Entertainment, optarono infatti per una diffusione a episodi, sulla falsariga di quanto avveniva in realtà come Telltale Games. Ecco che quindi, a distanza di una manciata di mesi l’uno dall’altro, i diversi capitoli andarono a comporre il videogioco completo, il tutto in poco meno di un anno. In una storia che riuscì a tenere con il fiato sospeso fino alle battute finali, grazie al ritmo gentile e sincopato allo stesso tempo.

A distanza di nove anni, e con cinque giochi (tra serie principale, spin off e remastered) intercorsi nel frattempo, in “Life is Strange: Double Exposure” di Deck Nine si torna a vestire i panni della protagonista dell’episodio originale, Max Caufield. Con i doverosi cambiamenti del caso.

IL TEMPO SCORRE ANCHE NEI VIDEOGIOCHI

Gli anni passano per noi che siamo da questa parte dello schermo, e allora perché non fare lo stesso anche a chi è dall’altra parte? È proprio questo uno dei fondamenti alla base di questa seconda avventura della protagonista, che in Life is Strange: Double Exposure troviamo invecchiata di una decina d’anni o poco più. Un percorso di maturazione, quello seguito al termine del primo episodio, che ci restituisce una Max maturata sotto alcuni punti di vista, un po’ meno sotto altri.

Le relazioni interpersonali non sono ancora il suo forte, anche se, c’è da dirlo, siamo di fronte a una protagonista più centrata e sicura di sé. La carriera da fotografa professionista parrebbe aver ingranato e le vicende del primo capitolo del franchise l’hanno segnata. Ma le hanno insegnato anche tanto. E proprio da queste premesse si riparte, con i videogiocatori – anche quelli che il primo capitolo non l’hanno giocato – che possono scegliere da quale finale ripartire. Una scelta più che altro utile a dare la giusta direzione ai dialoghi dei personaggi con cui Max si confronterà.

La grande particolarità della serie è sempre stata quella di mettere i giocatori di fronte a scelte che condizionano il finale del gioco. Un qualcosa che ritorna anche in Life is Strange: Double Exposure, dove Max potrà attingere a un nuovo potere, anche in questo caso connesso con lo scorrere del tempo, e che quindi ancora una volta è affine al paranormale. Scelte ce ne saranno, anche importanti, e allora ogni mossa andrà ponderata attentamente.

Ci manteniamo volutamente sul vago, per non rovinare il gusto della scoperta. D’altronde stiamo parlando di un tipo di esperienza ludica dove mettere insieme i pezzi del puzzle narrativo rappresenta il cuore pulsante del gioco.

UNA CRESCITA ANCHE ARTISTICA

Nove anni sono passati e, come dicevamo anche in apertura del precedente paragrafo, lo scorrere del tempo richiede interventi importanti anche sull’impalcatura tecnica che sorregge il gioco. Ecco che quindi Life is Strange: Double Exposure si presenta in maniera molto diversa rispetto al “predecessore spirituale”. Le linee estetiche dei personaggi e delle ambientazioni sono ora più tendenti al realistico, in virtù anche di piattaforme di riferimento più potenti rispetto al passato. Per quanto quella degli addetti ai lavori non sia una ricerca spasmodica del fotorealismo. Un videogioco che non cerca di essere reale – d’altronde sarebbe incongruente con la trama, e qui ci tacciamo – ma che accetta la sua natura di esperienza videoludica anche nella rappresentazione estetica.

Questo non vuol dire che siamo di fronte a un gioco che sacrifica l’aspetto grafico: Life is Strange: Double Exposure è un gioco che ha una sua precisa linea artistica che segue senza timore e con una convincente decisione. Offrendo ai videogiocatori scorci interessanti di vita vissuta di Max e di chi le sta attorno, con passaggi narrativi interessanti anche su tematiche fortemente contemporanee.

In sostanza, se il primo capitolo della serie era un bell’esperimento sicuramente sui generis, Life is Strange: Double Exposure va contemporaneamente in due direzioni. Da un lato si conferma per quelli che erano i tratti “sopra le righe”. Dall’altro però aggiunge anche tanta consistenza in più, soprattutto sotto il punto di vista narrativo. In un mix che riesce a elevarne lo spessore a tutto tondo, per un’avventura tutta da scoprire scelta dopo scelta.

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