Quando si parla di Stephen King e di un suo nuovo libro, quasi non ci sarebbe bisogno di spendersi in troppe parole. A parlare sono già i grandissimi successi e consensi, letterari e non solo, che lo scrittore statunitense ha raccolto nel corso dei decenni.
Una miriade di storie che hanno segnato le epoche, divenendo punti di riferimento per gli autori contemporanei. Da “Shining” a “It”, da “Misery” a “Il Miglio Verde”, grandi storie che hanno ispirato altrettanti capolavori cinematografici. O anche seriali, se si pensa al più recente “22/11/63” interpretato nella sua versione televisiva da James Franco.
Ed è uno Stephen King che, all’alba dei suoi freschi 77 anni da poco compiuti non ha alcuna voglia di tirare i remi in barca. O forse sarebbe meglio dire “la penna nel fodero”. Non siamo di fronte a un inedito in questo caso, bensì a una riedizione. Perché di questo si tratta nel caso di “Pranzo al Gotham Cafè”, romanzo che torna sugli scaffali in una nuova edizione che gode delle illustrazioni di Javier Olivares.
UNA STORIA CHE FINISCE
Quanto è difficile confrontarsi con la fine di una relazione? È questo il tema con cui si apre “Pranzo al Gotham Cafè”. Che, a scanso di “equivoci nerd”, non è una storia facente riferimento alla città di Batman.
Steven Davis torna a casa dal lavoro e non trova nessuno ad attenderlo. Nessuna traccia della moglie, gli armadi svuotati dei suoi vestiti, ad eccezione di quei capi non indispensabili da portar via. Unico “lascito” un biglietto, che anticipa la volontà di concludere la loro relazione.
Una storia che parte da premesse insospettabili, quasi normali – per quelli che sono i canoni narrativi di Stephen King – ma che ovviamente riserva molto più di quanto le prime pagine lascino intendere. E la svolta arriva quando meno te l’aspetti. Narrazione dal ritmo sincopato e descrizioni minuziose di ogni più piccolo dettaglio trasportano nel mondo e nella vita di Steve, e di quella che si preannunciava come una giornata complicata. Ma forse non fino a questo punto.